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    Werner Seitz*
    LE DONNE E LE ELEZIONI AL CONSIGLIO NAZIONALE DEL 1999: Verso la parità dei sessi a passi più piccoli.
    Con un excursus sulle donne alle elezioni del Consiglio degli Stati 1998/1999 e alle elezioni dei governi e dei parlamenti cantonali (situazione a fine 1999),
    in Commissione federale per i problemi della donna (ed.), Problemi al Femminile / Frauenfragen / Questions au féminin, 2000, no. 1, p. 33–42.


==> auf deutsch: «Die Frauen bei den Nationalratswahlen 1999: Die Schritte in Richtung Gleichstellung werden kleiner»
==> en français: «Les femmes et les elections au conseil national de 1999: Vers l'égalité, à petits pas»

 

    Per la prima volta dall’introduzione del diritto di voto alle donne, in rapporto alle elezioni precedenti si è registrata una diminuzione del numero di donne candidate al Consiglio nazionale. Ciò nonostante, sono state elette 4 donne in più del 1995 e la loro quota nel Consiglio nazionale è migliorata di 2 punti passando al 23,5 %. Tuttavia, se si considera che alla fine dell’ultima legislatura la presenza femminile in Consiglio nazionale era salita al 24% in seguito a cambiamenti intervenuti tra i titolari dei seggi (uomini ritiratisi e sostituiti da donne), nelle ultime elezioni la quota di deputate alla Camera Bassa risulta leggermente inferiore.

    Nelle discussioni relative all’iniziativa popolare «per un’equa rappresentanza delle donne nelle autorità federali (Iniziativa 3 marzo)», la cosiddetta «iniziativa sulle quote», il Consiglio nazionale decise, in modo piuttosto sorprendente, di contrapporre a quest’iniziativa popolare una controproposta indiretta, secondo la quale nelle elezioni successive alla Camera bassa le donne avrebbero dovuto essere rappresentate nelle liste elettorali per almeno un terzo. Siccome il Consiglio degli Stati non appoggiò questa proposta, le elezioni del Consiglio nazionale del 1999 avvennero nel modo tradizionale.

    1 LE CANDIDATE
    Se nelle elezioni del Consiglio nazionale del 1999 fosse stata in vigore la quota delle liste con il 33 % di donne, il numero delle candidate sarebbe stato senz’altro maggiore. E’ vero che a livello svizzero le candidate alla Camera bassa rappresentavano il 34,6 % dell’insieme dei candidati (983 donne e 1862 uomini), per cui si sarebbe raggiunta la quota richiesta di un terzo, ma occorre tener presente che, giustamente, la proposta del Consiglio nazionale prevedeva la quota di un terzo per ciascuna lista elettorale o per ogni partito, per cui quasi tutti i partiti avrebbero dovuto cercare un maggior numero di candidate.
     

       
      SIGLE DEI PARTITI

      Partiti di governo
      PLR    Partito liberale radicale
      PPD    Partito popolare democratico
      PSS    Partito socialista svizzero
      UDC    Unione democratica di centro

      Partito borghese non governativo
      PLS    Partito liberale svizzero

      Partiti di centro
      AdI      Anello degli indipendenti
      PEV    Partito evangelico svizzero
      PCS    Partito cristiano sociale

      Partiti di sinistra d’opposizione e Verdi
      PdL    Partito del lavoro
      Sol.    Solidarietà
      AVF   Gruppi femministi e verdi-alternativi (denominazione comune)
      PES   Partito ecologista svizzero

      Partiti di destra d’opposizione
      DS     Democratici svizzeri (ex Azione nazionale)
      UDF   Unione democratica federale
      PSL    Partito svizzero della libertà (ex Partito degli automobilisti)
      Lega    Lega dei ticinesi
       


    1.1 Le candidate per partito
    Nell’insieme, nei 21 Cantoni che votano col sistema proporzionale, 81 volte è stata raggiunta la quota del 33 % di donne nelle liste elettorali, 67 volte, invece, non è stata raggiunta. Di queste liste elettorali, 16 non presentavano nessuna donna, cioè su una lista elettorale su dieci non figurava alcuna rappresentante femminile.  Fatta eccezione per i piccoli partiti ecologisti e di sinistra (PdL, Sol. e AVF), in uno o più Cantoni tutti i partiti avevano presentato nelle loro liste elettorali meno del 33 % di donne. I più femministi sono risultati gli ecologisti del PES (con una quota del 33 % di donne in 12 Cantoni su 14), seguiti dal PSS, che 17 volte aveva più del 33 % di donne nelle liste elettorali e 4 volte meno. Il PPD ha totalizzato 10 volte questa percentuale e 10 volte no, mentre il PLR 10 volte sì e 11 volte no. L’UDC ha presentato solamente in 7 Cantoni delle liste elettorali con più di 1/3 di donne, in 13 Cantoni erano meno (in 5 Cantoni le liste presentavano solamente candidati uomini, e cioè a LU, AR, TI, GE e JU). In nessuna lista i due partiti di destra PSL e Lega hanno raggiunto la quota del 33 % di donne.
    Se si confrontano le percentuali di donne nelle liste elettorali dei partiti a livello nazionale, si ottiene lo stesso modello partitico della rappresentanze femminile, ossia una curva che dai Verdi e dal PSS scende passando per il PPD e il PLR all’UDC e ai partiti di destra: una rappresentanza superiore alla media viene riscontrata per le donne nelle liste elettorali del PSS e dei Verdi (con una presenza rispettivamente del 47% e del 57%). La presenza femminile tra i candidati del PLR, del PPD, del PLS e dell’AdI si situava fra il 30% e il 34%. Le donne erano chiaramente sottorappresentate, e cioè tra il 13% e il 24%, nelle liste elettorali dell’UDC, del DS, del PSL e della Lega. Si veda in proposito anche il grafico 1.
    [Grafik 1]

    1.2 Le candidate per Cantone e per regione linguistica
    Se osserviamo i candidati nei diversi Cantoni, la quota di donne variava dal 16% (TI) al 44% (BS). Nei due Semicantoni di Basilea Città e Basilea Campagna le donne in lizza per le legislative federali rappresentavano più del 40 %, meno del 30%, invece, in 6 Cantoni (LU, SZ, ZG, TI, VS, JU). In 13 Cantoni corrispondevano al 30-40 % dei candidati. Si veda anche il grafico 2.
    [Grafik 2]
    Come già nel 1995, nella Svizzera romanda la percentuale di donne (36%) era leggermente superiore a quella della Svizzera tedesca (35%). In Ticino era del 16%.

    2 LE DONNE ELETTE
    Le norme di legge per le elezioni del Consiglio Nazionale, effettuate secondo il sistema proporzionale, permettono agli elettori e alle elettrici di esprimere la loro volontà politica in vari modi. Non solo possono scegliere tra i partiti, ma anche tra i candidati; essi possono dare a un candidato un doppio voto (cumulo), cancellare il nome di altri oppure scegliere candidati di altri partiti (panachage). In questo modo è possibile modificare anche sensibilmente le proposte dei partiti. In genere questi cambiamenti non favoriscono le donne: per esempio, la percentuale di donne nelle liste elettorali del 1999 era del 34,6%, mentre tra gli eletti era solamente del 23,5 %.

    2.1 Le donne elette per partito
    La polarizzazione partitica riscontrata dal 1983 per la rappresentanza femminile è stata confermata anche nel 1999: di tutte le elette al Consiglio Nazionale nel 1999, il 45 % apparteneva ad un partito borghese (PLR, PPD, UDC e PLS) e il 55% ad un partito dello schieramento rosso-verde (PSS, Verdi e PdL); si noti che i primi disponevano di più del 64 % dei mandati al Consiglio Nazionale, i secondi solo del 31,5% (cfr. anche il grafico 3).
    [Grafik 3]

    Questa polarizzazione partitica della rappresentanza femminile diventa ancora più evidente, se per ogni partito (partito = 100 %) confrontiamo la quota di donne tra gli eletti. Le donne costituiscono la maggioranza tra i Verdi (67%; 6 dei 9 eletti). Il maggior numero di donne elette si riscontra nel PSS: 20 donne su 51 eletti (39%). Per la prima volta il PLR e il PPD hanno superato la soglia del 20%: nel PPD le donne sono il 23 % e nel PLR il 21%. Nell’UDC il numero di donne elette è rimasto stabile, ma se si considera il grande aumento di mandati, si costata che la percentuale di donne è scesa al 7 %, il peggiore risultato dell'UDC negli anni Novanta. Nella rappresentanza femminile dei partiti borghesi è quindi possibile notare una differenziazione: dagli anni Novanta la percentuale di donne elette aumenta nel PLR e nel PPD, mentre è in diminuzione nell’UDC, divenuto l’istanza di riferimento delle destre.
    Nessuna donna dei piccoli partiti di destra (DS, UDF, Lega), del PEV e del PCS è riuscita a conquistare un seggio. Inoltre nel 1999 solamente uomini sono stati chiamati a rappresentare il PdL e l’AdI. Si veda anche il grafico 4.
    [Grafik 4]

    2.2 Le donne elette per Cantone e regione linguistica
    Nei 16 Cantoni col sistema proporzionale che hanno eletto delle donne, la percentuale di donne tra gli eletti andava dal 12,5 % (TI) al 50 % (AR). La rappresentanza femminile ha superato il 40 %, oltre che nell’Appenzello Esterno, solamente a Zurigo, dove in valori assoluti è stato anche eletto il maggior numero di donne (14). La percentuale di donne è stata del 30-40 % nei Cantoni Svitto, Friburgo e San Gallo, e del 25-30 % a Berna, Basilea Campagna e Ginevra. Inferiore alla media nazionale del 23,5 % è stata la presenza femminile in 8 Cantoni (LU, SO, BS, GR, AG, TI, VD, NE). 10 Cantoni sono rappresentati al Consiglio nazionale esclusivamente da uomini: si tratta dei 5 Cantoni col sistema maggioritario e di 5 col sistema proporzionale (TG, VS, ZG, JU, SH). I primi due dispongono tra l’altro di un numero relativamente considerevole di seggi alla Camera bassa (TG: 6 e VS: 7); Zugo e Giura non hanno mai mandato una donna al Consiglio nazionale. Si veda anche il grafico 5.
    [Grafik 5]

    In tutte le regioni linguistiche la rappresentanza femminile è leggermente aumentata: due donne in più rispetto al 1995 sono state elette nella Svizzera romanda, una in più nella Svizzera tedesca e in Ticino. Le donne continuano quindi ad essere meglio rappresentate nella deputazione svizzera tedesca (sono un buon quarto), mentre tra gli eletti della Svizzera romanda costituiscono appena un quinto. Per la prima volta da vent’anni il Ticino ha mandato nuovamente una donna al Parlamento federale.
     

    3 LA QUOTA DI ELEZIONE DELLE CANDIDATE E DEI CANDIDATI
    Come si è già accennato, nella maggior parte dei casi si constata una discrepanza tra la quota di donne nelle liste elettorali e la quota di donne tra gli eletti. Il motivo va ricercato nel fatto che gli elettori non hanno solo la possibilità di decidere tra i partiti, ma anche tra i singoli candidati, che possono cumulare, cancellare oppure riprendere da altre liste (panachage). Questa procedura di selezione è superata più facilmente dai candidati che dalle candidate. La quota di elezione fornisce un’indicazione su quali siano statisticamente le probabilità dei candidati di essere eletti. Questa quota esprime il rapporto tra la quota degli eletti e la quota dei candidati. La formula per il calcolo della quota di elezione è la seguente:
     
     

                                                        Quota delle donne elette
    Quota di elezione delle donne  =  ---------------------------------------   x 100
                                                        Quota delle candidate

    Se il rapporto tra gli eletti e i candidati è equilibrato (per esempio  30% eletti, 30% candidati), il valore della quota di elezione è 100. Una quota di elezione superiore a 100 indica un numero di eletti superiore alla media (in rapporto ai candidati), una quota di elezione inferiore a 100 significa, invece, che il numero di eletti è inferiore alla media (in rapporto ai candidati).
    Attenzione: la quota di elezione è una grandezza relativa ed esprime solo in parte le reali probabilità di elezione. Nel 1999, per esempio, la quota di elezione per il Ticino era con 78 la più alta di tutte le regioni linguistiche e questo nonostante il fatto che la percentuale di donne fosse la più bassa sia tra i candidati che tra gli eletti. La quota di elezione era alta perché le due quote relative alle donne (candidate, elette) erano entrambe molto basse (candidate:16,1%; elette:12,5%). Ciò nonostante, statisticamente si tende a interpretare una quota di elezione alta come una «buona probabilità di elezione», una bassa come una «scarsa probabilità di elezione».
    [Grafik 6]

    Come indica il grafico 6, dal 1971 la quota di elezione degli uomini è costante. E’ sempre oscillata tra 109 e 122 punti, cioè dal 1971 gli uomini hanno avuto statisticamente «probabilità di elezione» superiori alla media. La quota di elezione delle donne, invece, era tra 32 e 70 punti. Statisticamente le «probabilità di elezione» delle donne erano quindi da 2 a 4 volte inferiori a quelle dei candidati uomini: nelle elezioni del Consiglio nazionale del 1999 erano 1,7 volte al di sotto.
    Se consideriamo le «probabilità di elezione» delle donne e degli uomini per partito, nel 1999 le donne dei Verdi (PES e AVF) sono riuscite meglio di tutte: erano le uniche ad avere una quota di elezione migliore degli uomini. Nel PSS la quota di elezione era 1,3 volte circa migliore per gli uomini, nel PLR e nel PPD 1,6 volte. Mentre nelle ultime elezioni per la maggior parte dei partiti le  «probabilità di elezione» delle donne e degli uomini si sono allineate, nel 1999 nell’UDC si è avuta una situazione inversa: mentre le probabilità di elezione degli uomini dell'UDC nel 1995 erano 2 volte superiori a quelle delle donne, nel 1999 lo erano 4 volte di più. Si veda in proposito anche il grafico 7.
    [Grafik 7]

    4 LA QUOTA DI SUFFRAGI E LA QUOTA DI CONVERSIONE DEI SUFFRAGI
    Un’altra possibilità per stimare i risultati delle candidate all’elezione del Consiglio nazionale è costituita dall’analisi della quota di suffragi ottenuti dalle donne.  Questa quota può essere paragonata sia alla quota delle candidate, sia a quella delle donne elette. Nel primo caso otteniamo la «quota di suffragi» (rapporto: quota di suffragi/quota di candidature), che indica – indipendentemente dal criterio dell’elezione – se le candidate hanno ottenuto suffragi in modo superiore o inferiore alla media. Nel secondo caso otteniamo la  «Quota di conversione dei suffragi» (rapporto quota di eletti/quota di suffragi), che indica se le candidate hanno approfittato dei suffragi dei candidati uomini per ottenere il loro mandato, oppure hanno fatto piuttosto da gregarie  per gli uomini eletti.

    4.1 La quota di suffragi delle candidate e dei candidati
    La quota di suffragi mette a confronto, come detto, la quota di candidate nelle liste elettorali con la quota di suffragi ottenuti dalle candidate, e – indipendentemente dai criteri dell'elezione – indica se le candidate hanno ottenuto suffragi  superiori o inferiori alla media. Se la quota ottenuta è 100, significa che il rapporto tra la quota di candidate e la quota di suffragi ottenuti dalle stesse è equilibrato (per esempio 30 % di tutti i suffragi e 30 % delle candidature). Se la quota è superiore a 100, significa che le candidate hanno raccolto suffragi al di sopra della media; se il valore è inferiore a 100, le candidate hanno raccolto relativamente pochi suffragi.
     
     

                                                       Quota dei suffragi ottenuti 
                                                       dalle candidate
    Quota di suffragi delle donne  =  ---------------------------------------------------   x 100
                                                       Quota delle candidate

    Come indica il grafico 8, tra il 1971 e il 1999 la quota dei suffragi degli uomini è sempre stata superiore a 100 (tra 102 e 109), mentre la quota di suffragi delle donne oscillava tra 78 e 91 punti. Gli uomini hanno quindi sempre ottenuto un numero di suffragi superiore alla media, le donne sempre inferiore. Nel 1999, a livello svizzero, la quota di suffragi delle candidate era 89, mentre per gli uomini raggiungeva 106 punti.
    [Grafik 8]

    Se analizziamo la quota di suffragi delle candidate e dei candidati dei singoli partiti, spiccano quelli del PSS e dell’AdI: nell’AdI la quota di suffragi delle donne è chiaramente superiore a quella degli uomini (donne: 108,9; uomini: 95,8), nel PSS uomini e donne sono all’incirca alla pari (donne: 100,6; uomini: 99,5). Nel PSS le candidate, che nelle liste elettorali rappresentavano il 46,7%, hanno ricevuto il 47% di tutte le schede di partito, ossia un numero di voti analogo a quello ottenuto dagli uomini Come indica il grafico 9, per tutti gli altri partiti la quota dei suffragi degli uomini era superiore a quella delle donne.
    [Grafik 9]

    4.2 La quota di conversione dei suffragi delle candidate e dei candidati
    Naturalmente nelle elezioni è decisiva la conversione di suffragi in mandati; la misura della conversione viene indicata dalla cosiddetta quota di conversione dei suffragi, che mette in relazione la quota delle donne elette con la quota dei suffragi ottenuti dalle candidate. La quota indica se le elette hanno approfittato dei suffragi dei candidati uomini nell’acquisizione del mandato oppure se hanno fatto piuttosto da gregarie per gli uomini eletti.
    Se la quota di conversione dei suffragi è 100, significa che il rapporto tra la quota di candidate e la quota di suffragi ottenuti dalle stesse è equilibrato (per esempio 30 % di tutti i suffragi e 30 % delle candidature). Se la quota è superiore a 100, significa che le donne elette hanno approfittato anche dei suffragi degli uomini; se il valore è inferiore a 100, le candidate hanno assunto il ruolo di gregarie.
     
     
     

                                                   Quota delle donne elette
    Quota di conversione 
    dei suffragi delle donne   =   ------------------------------------------------------------------   x 100
                                                  Quota dei suffragi ottenuti dalle candidate

     

    Il grafico 10 è simile a quello della quota di elezione: dal 1971 al 1999 la quota di conversione dei suffragi degli uomini è sempre stata superiore a 100 (tra 106 e 114), mentre la quota di conversione dei suffragi delle donne è aumentata (da 37 a 78). Nel 1999, a livello svizzero, le candidate hanno ottenuto una quota di conversione dei suffragi di 78, mentre i candidati una di 110. Le donne hanno quindi apportato ai partiti molti più suffragi di quelli che hanno potuto sfruttare per i loro seggi; di questa situazione hanno approfittato gli uomini, che con quote di suffragio più basse hanno ottenuto una quota di seggi superiore.
    [Grafik 10]

    A livello di partiti, solamente per le candidate ecologiste il rapporto tra mandati ottenuti e suffragi apportati è a loro favore. Per quel che concerne gli altri partiti, le donne hanno apportato più suffragi al risultato del partito di quanto abbiano potuto approfittare per l’assegnazione dei mandati; questo vale per esempio per le donne del PPD e, in misura ancora maggiore, per quelle del PSS e del PLR. Solo in minima parte le donne dell’UDC hanno potuto trasformare i loro suffragi in mandati: hanno ottenuto il 16 % di tutti i suffragi, ma le elette rappresentano solamente il 7 % dello schieramento UDC. Si veda anche il grafico 11.
    [Grafik 11]
     

    ECURSUS: Le donne alle elezioni del Consiglio degli Stati 1998/1999 e alle elezioni dei governi e dei parlamenti cantonali (situazione: fine 1999)

    A Le donne alle elezioni del Consiglio degli Stati 1998/1999
    Il Consiglio degli Stati è composto da 46 membri. Ogni Cantone vi è rappresentato con due membri; i Semicantoni (OW, NW, BS, BL, AI e AR) con uno ciascuno. Fatta eccezione per il Canton Giura, l’elezione del Consiglio degli Stati avviene secondo il sistema maggioritario.
    Al Consiglio degli Stati le donne sono sottorappresentate. Sino al 1991 la presenza femminile ha superato solo una volta (nel 1987) la soglia del 10 per cento. Nel 1999 sono state elette 9 donne (1 donna di più che nel 1995); la loro quota al Consiglio degli Stati è attualmente del 20 % circa.

    A.1. Le donne elette per Cantone
    Otto Cantoni hanno delegato rappresentanti femminili al Consiglio degli Stati: in 6 Cantoni la delegazione era composta in modo equilibrato (ZH, BE, LU, SG, VD, NE). Il Canton Ginevra è stato l’unico a mandare al Consiglio degli Stati una rappresentanza puramente femminile; anche il Semicantone di Nidvaldo è rappresentato da una donna . Gli altri 18 Cantoni e Semicantoni hanno inviato invece delegazioni interamente maschili.

    A.2. Le donne elette per partito
    La ripartizione partitica delle donne elette nel 1999 nel Consiglio degli Stati differisce da quella del Consiglio nazionale. 8 delle 9 deputate alla Camera alta provengono dalle liste dei partiti borghesi (7 PLR, 1 PPD); una donna appartiene invece ai ranghi del PSS.
    Se confrontiamo la rappresentanza femminile all’interno delle deputazioni al Consiglio degli Stati, il PLR raccoglie anche qui i risultati più alti: tra i delegati PLR  al Consiglio degli Stati il 41% è costituito da donne. Nel PSS le donne rappresentano il 17 % (65 uomini, 1 donna). Mentre il partito con il più elevato numero di senatori, il PPD, ha 145  consiglieri e una sola consigliera (7%); l’UDC, invece, è rappresentata da soli uomini (7). Si veda anche il grafico 12.
    Grafik 12

    B Elezioni dei governi cantonali 1996/1999
    I governi dei 26 Cantoni e Semicantoni sono formati da 5–7 membri, eletti in genere secondo il sistema maggioritario. Sinora la rappresentanza femminile nei governi cantonali è stata particolarmente bassa; la prima consigliera di Stato è stata eletta nel 1983. Nel 1995 si contavano 19 donne (e 147 uomini) alla testa di un dipartimento cantonale; la percentuale femminile raggiungeva all’incirca l’11%. Alla fine del 1999 le donne occupavano 33 seggi nei governi cantonali; la rappresentanza femminile era del 20%. In 8 Cantoni ci sono 2 consigliere di Stato, nei Cantoni Zurigo e Berna 3, mentre in 4 Cantoni (SZ, NW, SH e VS) gli esecutivi sono composti di soli uomini..
    La maggior parte delle rappresentanti femminili nei governi cantonali proviene dal PLR (13) e dal PSS (11), 4 sono membri del PPD e 3 dell’UDC; una proviene dal PL e una dal PE. Se si confrontano le rappresentanze femminili per partito, il maggior numero proviene dalle fila del PSS (37%) e del PLR (27%).  Come risulta dal grafico 13, le consigliere di Stato dell’UDC rappresentano il 18%, mentre nel PPD – il partito con il maggior numero di seggi governativi – solamente l’8%.
    Grafik 13

    C Elezioni dei parlamenti cantonali 1996/1999
    La composizione dei parlamenti cantonali varia da 46 membri (AI) a 200 (BE, AG) e nella maggioranza dei casi sono eletti secondo il sistema proporzionale. Nel 1999 nei parlamenti cantonali le donne hanno occupato il 24 % dei seggi; attualmente vi siedono 707 donne e 2222 uomini. La percentuale più alta continua ad essere quella di Ginevra. Una forte rappresentanza (più del 30 %) si registra anche nell’Appenzello Esterno, nei due Semicantoni di Basilea e a Obvaldo. Come mostra il grafico 4, la rappresentanza più bassa è quella del Canton Ticino; inferiore al 15% è anche a Svitto e Glarona.
    Grafik 14

    La ripartizione partitica del donne elette nei parlamenti cantonali rispecchia in larga misura quella del Consiglio nazionale: la presenza è relativamente forte nel PS e nei Verdi (41% e 49%), notevolmente minore nel PLR (20%), nel PPD (18%) e nell’UDC (12%). Inferiore al 10% è la rappresentanza femminile dei partiti di destra. Si veda anche il grafico 15.
    Grafik 15
     

    FACIT SULL’EXCURSUS
    Due modelli di ripartizione partitica della rappresentanza femminile
    Sulla base di quanto detto sulle elezioni del Consiglio nazionale e dell’excursus sulla presenza femminile nel Consiglio degli Stati e nelle istituzioni cantonali, si può affermare che esistono due modelli diversi di ripartizione partitica della rappresentanza femminile:
    1) Il modello di ripartizione partitica al Consiglio nazionale e nei parlamenti cantonali è caratterizzato dal fatto che la maggior parte delle donne elette proviene dal PSS e dal PES. Seguono poi PLR e PPD. Le delegazioni dell’UDC e in particolare dei partiti di destra, invece, hanno una rappresentanza femminile bassa.
    2) Il modello di ripartizione partitica al Consiglio degli Stati e negli esecutivi cantonali comprende solo pochi partiti e tra questi il PSS e il PLR hanno il maggior numero di donne, mentre le donne PPD e UDC non ottengono praticamente mandati.
    Il motivo principale per questi diversi modelli di ripartizione partitica va ricercato nel sistema elettorale: mentre il Consiglio nazionale e i parlamenti cantonali vengono eletti secondo il sistema proporzionale, il Consiglio degli Stati e i governi cantonali vengono eletti nella maggioranza dei casi secondo il sistema maggioritario.

    Le donne nelle elezioni col sistema maggioritario: in testa PLR (e PS)
    Le elezioni col sistema maggioritario favoriscono soprattutto i grandi partiti: lo si nota dalla predominanza dei partiti borghesi che - in genere grazie alle coalizioni elettorali  – ottengono la grande maggioranza dei mandati sia nel Consiglio degli Stati che negli esecutivi cantonali. Interessante è qui la posizione solitaria del PLR in testa ai partiti borghesi per quel che concerne la rappresentanza femminile. La si può spiegare con il fatto che le donne del PLR hanno già risolto in parte il problema della nomina  e che quindi riescono più facilmente delle donne di altri partiti borghesi a fare il passo per diventare candidate ufficiali. E una volta raggiunta la nomina, gli ostacoli sulla via dell'elezione non sono più così grandi, poiché secondo il sistema maggioritario una modifica delle liste elettorali comporta una perdita di suffragi. Per le donne  del PPD e dell’UDC la nomina sembra già rappresentare un grande ostacolo. Nelle elezioni a sistema maggioritario il PSS e soprattutto i Verdi hanno solamente possibilità limitate. Tuttavia una volta superato l’ostacolo dell'elezione, le donne rosso-verdi ottengono praticamente gli stessi buoni risultati delle donne del PLR.

    Le donne nelle elezioni col sistema proporzionale: in testa PS e Verdi
    Le elezioni col sistema proporzionale – per il Consiglio nazionale e i parlamenti cantonali – rappresentano tuttavia un  problema importante per le donne del PLR (come anche per le donne degli altri partiti borghesi): mediante la modifica individuale delle liste elettorali, gli elettori dispongono di mezzi per intervenire direttamente, e per la maggior parte dei partiti, e in particolar modo per i partiti borghesi, ciò avviene a sfavore delle candidate. Le donne del PLR, del PPD e in particolare dell’UDC hanno quindi un problema elettorale, in quanto chiaramente non vengono ancora accettate dagli elettori e sostenute a fondo nelle elezioni. Questo problema è invece meno grave per le candidate dello schieramento rosso-verde, ragion per cui le donne del PSS e dei Verdi vengono elette più facilmente  e in modo più numeroso nel Consiglio nazionale e nei parlamenti cantonali.
     

    CONCLUSIONI SULLE ELEZIONI DEL CONSIGLIO NAZIONALE 1999
    1. In occasione delle elezioni del Consiglio nazionale del 1999, la raccomandazione della Commissione federale delle donne, secondo la quale il 50 % dei candidati nelle liste elettorali avrebbe dovuto essere formato da donne, è stata seguita solo in un caso su quattro. E anche la proposta (tuttavia abbandonata dal Parlamento), secondo la quale le donne dovevano essere presenti nelle liste elettorali per il 33 %, è stata seguita solo in una lista elettorale su due. Una lista su dieci non presentava addirittura alcuna donna.
    Continua quindi a sussistere il problema della nomina delle donne: il modello di ripartizione per le donne nominate nelle liste elettorali dipende tuttavia chiaramente dal partito: i Verdi e il PSS presentano il maggior numero di donne nelle loro liste, seguiti dal PPD e dal PLR; fanalino di coda l’UDC ed i piccoli partiti di destra.

    2. Non solo le donne vengono nominate meno spesso degli uomini come candidate, ma sono anche elette meno sovente (nel 1999 statisticamente la probabilità di elezione delle donne era 1,7 volte inferiore a quella degli uomini). Per le donne, il problema dell'elezione  esiste in quasi tutti i partiti, fatta eccezione per i Verdi, che tuttavia dispongono solo di pochi mandati. Nel PSS gli uomini hanno una probabilità statistica 1,3 volte superiore di essere eletti, nel PLR e nel PDD le probabilità di elezione per gli uomini sono statisticamente già 1,6 volte superiori e nell’UDC addirittura 4 volte.
    La ragione di questo “svantaggio statistico” è duplice: da un lato le donne ricevono in percentuale meno suffragi degli uomini e, dall’altro, esse non possono trasformare in modo ottimale i loro suffragi in seggi. Per ovviare a questa situazione è necessario tenere conto di questo duplice aspetto, senza limitarsi a proiettare maggiormente le donne sulla scena politica, ma portando avanti candidate di spicco con reali possibilità di essere elette.
     
     
     

       
      *Werner Seitz, Dr. phil., Politologo, dirige come aggiunto scientifico all’Ufficio federale di statistica il settore «Elezioni e votazioni». Pubblicazione più recente: Ufficio federale di statistica (edit.), Les femmes et les élections au Conseil national de 1999. Evolution depuis 1971, Neuchâtel 2000.